I ritratti

L’impulso al ritratto, che fissi una determinata persona, è un fatto spontaneo e primordiale e si manifesta nella maniera più ingenua attribuendo un nome a un’immagine generica, come avviene nei disegni dei bambini. Si può parlare in questo caso di ritratto “intenzionale”: l’unico fattore di riconoscimento è l’iscrizione. Quando a questo tipo di ritratto sono connessi una serie di valori che legano l’immagine all’individuo, magari in ambito religioso, si parla di ritratto “simbolico”.
Un secondo stadio del ritratto è quello dove, sebbene la raffigurazione ancora non assomigli al soggetto individuale, sono presenti una serie di elementi che circoscrivono la rappresentazione generica a una certa categoria di individui, facilitandone l’identificazione (es. attributi particolari, descrizione del vestiario, di oggetti pertinenti al soggetto o alla sua classe sociale, ecc.): il ritratto “tipologico”, magari accompagnato dall’iscrizione del nome.
Per parlare di vero e proprio ritratto si deve avere un’individuazione del personaggio a partire dall’imitazione delle fattezze individuali, senza altri artifici. Si tratta del ritratto “fisiognomico”, già noto agli antichi, che, studiando la correlazione tra il carattere e l’aspetto fisico della persona, si propone di dedurre le caratteristiche psicologiche degli individui dal loro aspetto corporeo, in particolare dai tratti del viso.
Estratto da Wikipedia: Ritratto – Fisiognomica

Personalmente non so se la Fisiognomica sia una disciplina vera oppure no, ciò di cui sono convinto è che un ritratto può raccontare tante cosa su di una persona.

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