Come ti descrivi
Un quasi sessantenne con le emozioni di un bambino, la curiosità di un’adolescente e la testardaggine di un anziano.
Le tue passioni
I viaggi, la fotografia, il fuoristrada e l’informatica. Ma non necessariamente in quest’ordine.
Iniziamo dai viaggi, quando hai cominciato
Direi da quando sono nato. I primi viaggi li ho fatti nella pancia di mia madre, quando assieme a mio padre scorrazzavano su e giù per l’Italia a bordo di una vecchia motocicletta con sidecar. Non posso certamente ricordare quei momenti, ma mi piace pensare che siano stati viaggi speciali, da prima classe!. Poi c’era mio nonno Arnaldo, che con un camion trasportava frutta dalla colonie Somale alle coste della Tunisia e quando a noi piccoli nipoti raccontava delle sue passate avventure Africane, era come entrare in un magico libro di favole. Viaggiare è sempre stato nel DNA della famiglia e ogni anno, anche se con poche risorse a disposizione, si riusciva sempre ad andare in qualche posto “straniero”. In questo modo, da adolescente, ho potuto visitare tutta l’Europa. Quando più tardi ho cominciato a viaggiare autonomamente ho allargato i miei confini: Paesi dell’Est, America e Africa.
Quanti paesi hai visitato?
Quasi cinquanta, ma nulla in confronto a quelli che restano da visitare.
Quelli che ti hanno maggiormente colpito:
Qui debbo fare una distinzione tra quelli che amo e quelli che mi hanno maggiormente commosso. Tra i primi, c’è sicuramente la Francia e, più precisamente la sua provincia; e poi l’Algeria ed il Niger, dove ben presto tornerò. Forti emozioni le ho vissute viaggiando in motocicletta nei paesi dell’Est, su di una rompighiaccio in Alaska ed in camion nel deserto del Sahara.
I ricordi più belli dei tuoi viaggi:
Quelli che, improvvisamente, tornano alla mente e fermano il cuore.
Qualche particolare episodio legato ai viaggi:
Appena presa la patente, ricordo le sfide con gli amici a chi riuscisse a percorrere più chilometri con l’auto, senza mai fermarsi se non per i rifornimenti: Roma – Amsterdam fu il mio record. Poi un viaggio d’inverno nel cuore della Francia su di una Renault 4 senza vetro anteriore, con tanto di cappello e guanti per ripararsi dal freddo. In Algeria, a bordo di una Citroen due cavalli apertasi a metà e poi risaldata con la bombola di acetilene che un mio compagno di viaggio, molto previdente, si era portato dietro. Il ritrovamento, dopo una settimana di ricerche, di un cimitero di dinosauri nel deserto del Niger. La prima freccia di pietra trovata nel deserto del Sahara. L’attacco di un black mamba in Namibia, dal quale mi salvò il montante di un fuoristrada. L’ospitalità di una coppia di anziani in uno sperduto villaggio del Madagascar. Gli episodi rilevanti sono molti.
La passione per la fotografia è venuta con i viaggi?
Diciamo che grazie ai viaggi la mia tecnica si è perfezionata. Da sempre, quando osservo qualcosa che mi emoziona, mi domando come riuscire a trasferire le sensazioni provate su di una fotografia. Questo quesito, quasi ossessivo, mi ha spinto ad approfondire lo studio delle tecniche fotografiche per avvicinarmi a tale obiettivo. Un giorno, forse, ci riuscirò.
Viaggi + fotografia = fuoristrada?
Non direi proprio così. Il fuoristrada è retaggio dell’imprinting familiare: in famiglia siamo tutti amanti dei motori e la meccanica ha sempre fatto parte della mia formazione. Mio padre, che quand’ero ragazzo mi insegnò a guidare la mitica 500 senza usare la frizione, diceva sempre: “Se impari a guidare bene la 500 non avrai problemi con nessun altro mezzo meccanico”. E così è stato. Negli anni successivi ho preso la patente automobilistica, quella per il camion e anche la nautica. Nei miei viaggi ho guidato un po’ di tutto, dalla motocicletta alla macchina, dal fuoristrada al camion, dalla barca al trattore. La guida in fuoristrada si è perfezionata con i corsi della FIF, la Federazione Italiana Fuoristrada, e con quelli riservati ai proprietari dei veicoli censiti nel Registro Italiano Fuoristrada, dell’esclusivo club della Land Rover Italia che, in passato, si occupava dell’organizzazione del famoso Camel Trophy.
E l’informatica?
L’informatica è arrivata attraverso altri canali. Lavoravo in un’azienda dove, nel 1985, furono introdotti i primi computer, gli Olivetti M24. Oggi qualche giovane, conoscendo le prestazioni di quelle macchine, si metterebbe a ridere. In ogni modo negli anni successivi, con l’arrivo del mouse e del primo programma professionale di grafica vettoriale, il mitico CorelDraw del 1989, cominciai a giocherellare con forme geometriche e colori. I risultati erano dei disegni da neonato ma che restavo ad ammirare come fossero stati dei quadri di Kandinsky. Successivamente, nel 1990, quando sul mercato italiano fece il suo ingresso Photoshop, il programma di fotoritocco che ha rivoluzionato il concetto di post-produzione fotografica, ho cominciato ad appassionarmi all’elaborazione illustrativa e poco dopo aprii uno studio di grafica tradizionale. Più tardi sono arrivati internet e gli studi di marketing on-line. Per diciassette anni quest’attività mi ha permesso di far convivere il lavoro, i viaggi, e la fotografia.
Quindi le tue esperienze spaziano su molti fronti…
Le mie esperienze scaturiscono dalla mia innata curiosità, che mi ha sempre stimolato in ogni mio progetto.
Torniamo ai viaggi: solo avventura o anche qualcos’altro?
Passare lunghi periodi in Africa porta a riflettere su molte cose, riconsiderando i propri valori. Anche se potrebbe apparire retorica, per me la riflessione è sempre la stessa: in Africa ci sono tanti paesi che affascinano per la loro bellezza, ma se si guardano con attenzione ci si rende conto di quanti problemi li assillano; in particolar modo quelli legati alla povertà. Personalmente, non volendo restare nella condizione di semplice viaggiatore, circa 15 anni fa creai un’associazione che, oltre ad essere un punto d’incontro degli amanti dell’avventura per il fatto di organizzare viaggi avventura, corsi di sopravvivenza e di guida in fuoristrada, aveva come obiettivo il sostegno di alcune popolazioni disagiate. Su questo blog ho pubblicato un articolo che illustra quali erano i progetti dell’associazione, che si chiamava The expedition.
Che fine ha fatto The expedition?
Dopo un paio d’anni di attività, purtroppo, il progetto ebbe termine. L’ultima spedizione, che prevedeva l’attraversamento di tre paesi del Nord Africa e che avrebbe impegnato il team in un viaggio per quattro mesi, si arenò il giorno dell’attentato alle torri gemelle di New York. Nei giorni successivi vennero immediatamente chiuse le frontiere dei paesi musulmani che avremmo dovuto attraversare e lo sponsor principale, la Land Rover Italia, che ci aveva fornito due fuoristrada, si oppose alla partenza perché troppo rischiosa. Un’emorragia di risorse personali investite nel progetto, un divorzio ed il sogno finì.
E dopo?
Dopo ho continuato a viaggiare.
Come sei arrivato in Namibia?
La prima volta che sono venuto in Namibia è stato da semplice turista; avevo sentito parlare di questo paese e non essendo mai stato in Sudafrica, sono partito. Poi ci sono tornato, ritornato e tornato ancora e, alla fine, ci son rimasto per otto anni.
Ma cosa ti ha spinto a rimanere per così lungo tempo in Namibia?
Ciò che mi ha maggiormente colpito della Namibia è la varietà del panorama. Quando percorri le piste di questo paese è come se ogni giorno aprissi una porta che da verso un nuovo ambiente, ed io volevo aprire tutte quelle porte.
Stabilitoti in Namibia, che cosa hai fatto?
I primi anni sono stati esplorativi, ho girovagato per conoscere il paese. In seguito ho aperto un’agenzia viaggi.
Perché proprio un’agenzia viaggi?
Sotto molti aspetti la scelta è stata naturale perché ho messo a frutto la mia esperienza di viaggiatore e di grafico. Per tre mesi mi sono chiuso in casa, in uno spazio operativo di un metro quadrato: sedia, scrivania e computer, ad elaborare il progetto. Ciò che aspiravo a realizzare era un’agenzia che rispondesse ai desideri dei viaggiatori, e per farlo ponevo a me stesso le domande: cosa mi sarebbe piaciuto avere? Che tipo di servizio mi sarei aspettato? Quale assistenza al viaggio? Ogni risposta, che altro non era che una trasposizione dei miei desideri di turista, la pubblicavo con la mia esperienza di grafico. Così è nata Namibia-Travel.
E com’è andata?
Direi bene! Namibia-Travel è stata un punto d’orgoglio perché in soli due anni è diventata un punto di riferimento per i viaggi in Namibia. Ma ciò che mi ha reso più fiero è stato il vedere che tutte le mie risposte alle domande che avevo formulato con la mia esperienza di viaggiatore riscontravano il consenso dei clienti.
E poi, cos’è successo?
Poi l’Africa ha rimandato il suo richiamo. Inizialmente quasi impercettibile, come un leggero malessere, poi sempre più acuto, fino a quando il dolore è divenuto insopportabile. È così da sempre. Dopo tanti anni, questo continente non smette ancora di affascinarmi e chiedermi di essere esplorato.
E qual è stata la cura?
Ricominciare tutto in un nuovo paese, con un altro viaggio esplorativo e una nuova agenzia di viaggi. E questa volta il richiamo mi ha guidato fino in Madagascar.
Perché proprio il Madagascar?
Non c’è una risposta razionale all’aver preferito questo paese. Ogni volta che ho scelto dove andare l’ho fatto seguendo le mie sensazioni, e fino ad ora non mi sono mai pentito delle mie scelte. È stato così anche per la Namibia.
Quindi, il Madagascar ti piace…
Il Madagascar è stato una rivelazione. Il primo giorno che sono uscito in strada ad Antananarivo mi sono sentito avvolto da una sensazione di totale benessere, ed ho capito che il “richiamo” era stato proprio per quel luogo. Rivolto a mia moglie le ho detto: “Siamo a casa”.
Allora sei arrivato a casa…
Questo non lo so. L’aver trovato un paese che mi fa sentir bene, non significa necessariamente stabilire di restarci. Non dipende da me, è l’Africa che decide.
Il sogno nel cassetto?
Sono due, che poi diventeranno due progetti, in futuro: il periplo dell’Africa in fuoristrada e l’attraversamento del Ténéré a dorso di dromedario.
dolores
Ciao, leggendo il tuo blog mi sembra di conoscerti da sempre anche se il nostro incontro in Namibia è stato fugace. Un sentimento che ci accomuna questo mal d’Africa, che mi ha fatto vedere quanto sia grande la tua passione per questo continente. Evviva, ci sei riuscito, mi ricordo si, della mail che mi hai inviato l’hanno scorso e che mi ha fatto venire i lucciconi, è sempre un emozione per me ricevere notizie da laggiù. Io spero e lo urlo forte “SPERO”, perché devo risuperare lo spauracchio del volo ora, che il Madagascar sia uno dei nostri prossimi viaggi, è un sogno che devo ancora realizzare. Grazie per tutte le news che ci mandi.
Un abbraccio
Dolores e Sergio
Ah, dimenticavo….. se riesci ad organizzare e a realizzare il periplo del continente africano avvisaci, magari veniamo anche noi, magari 🙂
Alessandro
Adesso sei tu che mi fai venire i lucciconi. Grazie Dolores per ciò che scrivi e per il costante supporto, sei la mia fans più assidua. Il Madagascar è qui, io sono qui, non c’è fretta! un bel giorno la voglia sarà talmente tanta che correrai a prendere il primo volo per il Madagascar…
Per il periplo, quando tornerò in Europa ne possiamo parlare.
Un affettuoso abbraccio dalla grande isola, anche a Sergio.
Alessandro
Giuseppe (Spagna)
Alessandro come va, per caso ho visto il tuo blog, e ho capito che sei in Madagascar come ci avevi detto che saresti andato dopo il nostro ultimo viaggio in Namibia. Mi piacerebbe mettermi in contatto perché ho intenzione realizare un viaggio il prossimo anno in Madagascar forse mi puoi aiutare…..chissa
Un abraccio forte.
Giuseppe e Camilla
Alessandro
Ciao Giuseppe e Camilla,
Ebbene si, sono in Madagascar! Ancora non avevo reso la cosa pubblica perché
sto ancora sistemando qualche problemino logistico.
Mi spiace di questa lunga latitanza, ma questo paese da una parte mi sta dando tantissimo,
ma dall’altra mi sta facendo penare non poco. Dall’inizio dell’anno praticamente ho passato
il mio tempo tra Ministeri ed uffici a lottare per i permessi di soggiorno e le autorizzazioni
per aprire l’agenzia viaggi. Che stress! O forse sono io che comincio ad essere troppo avanti
negl’anni per cambiamenti cosi radicali e dovrei cominciare a pensare seriamente a ritirarmi
in qualche piccolo sobborgo nella nostra bella Italia.
Lo so, lo so, ho voluto la bicicletta e adesso pedalo, ma che salita!
Alessandro
Alessandro
Ciao Giuseppe e Camilla,
Vi contatto per mail.
Grazie
Alessandro